Il giudizio degli altri conta?
Quanto conta il giudizio degli altri?
Dipendenza da approvazione
Tutti gli individui in qualche misura sono esposti al pubblico, al giudizio e alla valutazione degli altri. Ci sono delle professioni che costantemente vivono assoggettate alla critica o ai commenti del pubblico, gli attori di cinema o teatro, gli artisti, i politici etc., altri che vivono affacciandosi ogni tanto alla finestra dei social, altri ancora che vengono valutati perché l’azienda o il datore di lavoro lo richiedono, oppure chi, come i liberi professionisti, vive questo destino meno di frequente.
L’autostima e la buona considerazione di sé sono caratteristiche fondamentali per affacciarsi al pubblico che, nel bene o nel male, si pronuncerà. E il giudizio degli altri conta per chiunque, soltanto in misure differenti.
Un individuo caratterizzato da una bassa autostima ha maggiori probabilità di cadere nella dipendenza del giudizio altrui, ciò significa che valuta se stesso in base all’opinione dell’altro, non sa quanto vale, se lo fa dire dagli altri. Non ha un bisogno “naturale” di essere sostenuto, ma ne dipende.
Vive sulla cresta dell’onda fino a che il pubblico lo supporta e giudica positivamente e poi crolla quando l’audience diminuisce o quando sopraggiungono anche le minime critiche. A quel punto dimentica ogni qualità, capacità o competenza che lo ha caratterizzato fino a quel momento e distrugge con le proprie mani ogni passo compiuto. Si deprime, perde lucidità, capacità di autocritica e anche l’energia e la vitalità che generalmente lo aiutano a “produrre”. Si guarda intorno e fantastica “altri” sempre migliori di lui.
Vive nel costante bisogno di essere apprezzato, nell’illusione di piacere a tutti ad ogni costo e le sue aspettative sono sempre molto alte, quindi è difficile che si senta soddisfatto perché fra il vero Sé e il Sé ideale (immaginario), c’è un divario molto ampio.
Chi invece gode di una buona autostima ha migliore capacità di far fronte al giudizio e, pur dandogli un valore, non ne dipende.
Qualora non ottenga eccellenti risultati, sa rassicurarsi e dirsi: “la prossima volta andrà meglio”. Riesce ad avere maggiore capacità autocritica: “in quel passaggio forse avrei potuto fare diversamente”. Accoglie i suggerimenti senza arrabbiarsi, sentirsi ferito o giudicato. In generale è più lucido e più sicuro e l’asticella delle aspettative è più vicina alle sue reali possibilità, ovvero la distanza fra il vero Sé e il Sé ideale si accorcia.
Infine c’è anche chi gode di un’autostima esagerata e di un senso di sé grandioso e idealizzato.
Come nasce l’autostima?
“Mamma guarda ho fatto un disegno per te!”, grida correndo il bambino, e la madre o il padre: “è molto bello, grazie!”
Il bambino ha fatto un disegno, è corso dalla madre aspettandosi una valutazione e così si comporterà con altri disegni o quando inizierà a cimentarsi nel suo sport preferito. La madre, in questo caso, ha risposto attraverso un rinforzo positivo, un sostegno e questo può incidere positivamente sulla percezione che il bambino avrà di sé.
Oppure, “Mamma guarda ho fatto un disegno per te!”, e la madre o il padre: “non vedi come sono indaffarata? Adesso non posso e comunque non mi sembra un granché”. In questo caso il disegno cade nel vuoto e se questa noncuranza o svalutazione si perpetuerà nel tempo e in ogni occasione di richiesta di sostengo, il figlio tenderà a pensare di non valere più di tanto e a sottovalutarsi.
O ancora: “Mamma guarda, ho fatto un disegno per te!”, e la madre o il padre: “è meraviglioso! Diventerai un grande artista, il più famoso del mondo!”. In questo caso il figlio viene iper-valutato e se questo atteggiamento si estende ad ogni sua attività sarà facile che egli costruirà un senso di sé grandioso e idealizzato.
L’autostima, ovvero la buona considerazione di sé, si genera quindi a partire dallo sguardo dell’altro.
Questi altri, generalmente i genitori, hanno una funzione importante di rispecchiamento fin da quando il figlio è piccolo. Un buon rispecchiamento avviene quando i genitori guardano il figlio e lo riconoscono e amano nella sua natura, ovvero vedono i suoi reali bisogni, le sue emozioni e i desideri. In questo modo il bambino costruisce e sviluppa gradualmente il suo vero Sé. Ad un buon rispecchiamento quindi corrisponde una reale capacità di percepirsi e considerarsi e un buon livello di autostima.
Dove ci sono tendenze alla sopravvalutazione o alla sottovalutazione di sé corrispondono difficoltà da parte di uno o entrambi i genitori nelle fasi di rispecchiamento. Si generano, come detto sopra, dei falsi Sé che possono andare nella direzione della svalutazione o della ipervalutazione di sé.
Ciascuno di noi ha il suo modo di muoversi nel mondo, come detto sopra, più o meno sicuro.
Tuttavia quando il giudizio di un estraneo ammutolisce, lo sguardo è focalizzato sull’accumulo di like o le orecchie tese allo scroscio degli applausi, è bene fermarsi e fare lo sforzo di andare molto indietro nel tempo a recuperare la qualità degli sguardi ricevuti quando abbiamo fatto il primo passo di danza o il primo dei nostri disegni, perché soltanto lì dentro ci sono buone probabilità di avere risposte su come ci sentiamo oggi ad andare nel mondo, con le nostre qualità e le nostre imperfezioni.